QUADRO ANALITICO CONOSCITIVO
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IL CONTESTO REGIONALE - INTERREGIONALE
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1.1. LA STRUTTURA E LE DINAMICHE DEMOGRAFICHE ED ECONOMICHE
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1.1.1. Il contesto territoriale di riferimento
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Uno sguardo che si proponga di collocare la Provincia di Novara, sotto il profilo sociale ed economico, nel contesto regionale e interregionale, non può mancare di interrogarsi sulla complessità delle relazioni a "geometria variabile" del novarese con la regione piemontese e con quella lombarda, ma anche con il più ampio sistema territoriale transregionale e transnazionale che connette la regione padana all’Europa centro-settentrionale.
Le dinamiche recenti del sistema produttivo e in generale delleconomia
novarese possono dunque essere adeguatamente comprese soltanto
in un contesto territoriale interregionale. Nel presente quadro
analitico-conoscitivo si è assunto come riferimento territoriale
un contesto ampio, che comprende le province piemontesi del Verbano-Cusio-Ossola,
di Vercelli, di Alessandria, di Biella e di Torino e le province
lombarde di Milano, Pavia, Varese e Como. Le ragioni che hanno
indotto a condurre i confronti interprovinciali limitandosi alle
province precedentemente citate sono in parte dettate dalla contiguità
geografica, morfologica e produttiva di alcune aree della provincia
di Novara con altre province, e in parte alludono al sistema di
relazioni territoriali che Novara intrattiene anche con le aree
metropolitane di Torino e Milano e con il sistema pedemontano
lombardo. Naturalmente, la scelta di concentrare l’attenzione su questo contesto territoriale, come peraltro ogni procedura di delimitazione, presenta elementi di arbitrio. Per molti aspetti fondamentali, di natura geografica, infrastrutturale ed economica, il territorio novarese si inquadra più complessivamente in un sistema territoriale di più ampie dimensioni. La provincia di Novara si colloca infatti all’intersezione tra le due dorsali continentali: la cosiddetta "Sun Belt", che va dalla Catalogna alla Baviera, e la cosiddetta "Banana Blue", che corre dall’Inghilterra meridionale al sud della pianura padana. Inoltre, il territorio novarese si colloca lungo il principale asse infrastrutturale est-ovest del nostro paese, e in posizione intermedia tra le aree metropolitane milanese e torinese e alcuni fondamentali "porte" del nord Italia verso i paesi del nord Europa (innanzitutto l’asse del Sempione, ma anche quello del Gottardo).
Anche definendo e limitando il contesto territoriale di riferimento
secondo i criteri già indicati, questarea rappresenta uno dei
sistemi territoriali e produttivi più ricchi e avanzati del paese.
In questa ampia macroregione, la provincia di Novara assume una
posizione centrale sia sotto il profilo geografico, sia come snodo
delle grandi infrastrutture di trasporto (autostrade A4 e A26,
linee ferroviarie Lione-Torino-Milano-Trieste e Sempione-Genova).
Come è stato riconosciuto ormai in una pluralità di ricerche economico-territoriali,
urbanistiche, geografiche e sociologiche, le morfologie produttive
e territoriali che caratterizzano questarea sono in corso di
rapida trasformazione.
Il contesto territoriale di riferimento non è naturalmente omogeneo.
Nella stessa pro-vin-cia di Novara hanno convissuto diversi modelli
di sviluppo locali: da quelli centrati sul ruolo del settore primario
(soprattutto nella pianura irrigua localizzata a sud della pro-vincia),
a quelli definiti intorno ad imprese manifatturiere leader di
grandi dimensioni (soprattutto nella città di Novara e nei settori
chimico, con il polo della Montedison, edi-toriale, intorno alla
De Agostini e alimentare, con la presenza della Pavesi), fino
a quelli guidati dallo sviluppo di sistemi distrettuali di piccole
e medie imprese industriali (so-prattutto nella zona settentrionale,
con il distretto della rubinetteria, e nella zona occi-den-tale,
con il distretto del tessile e abbigliamento, e in particolare
dei costumi da bagno).
Ciascuno di questi percorsi di crescita economica, nel territorio
novarese e più in generale nel sistema del nord-ovest, ha subito
negli ultimi due decenni processi di ristrutturazione profonda. In primo luogo si può dire ormai pienamente compiuto il declino del modello di sviluppo e regolazione che la letteratura definisce sovente "fordista", centrato sul ruolo della grande impresa e su un peculiare rapporto tra modalità della presenza territoriale della produzione, organizzazione d’impresa e forme di regolazione sociale. La presenza delle attività di produzione di beni non si è solamente contratta (è il caso del polo chimico novarese), ma si è innanzitutto modificata a livello organizzativo e dimensionale (come dimostra la ristrutturazione della filiera dell’editoria legata alla De Agostini), anche partire da nuove forme di relazione tra industria, servizi e territori.
In secondo luogo, si sono sviluppate morfologie della terziarizzazione
specifiche a livello territoriale, che delineano peculiari modelli
di sviluppo centrati sulle attività di creazione ed erogazione
di servizi.
Infine, sono profondamente mutati i tratti della presenza delle
attività agricole, e del loro rapporto con i territori e con i
settori secondario e terziario.
A fronte di questi cambiamenti, una lettura omologante sotto il
profilo territoriale dei processi di ridefinizione del modello
di sviluppo del nord-ovest italiano mostra la corda, anche in
prospettiva storica e soprattutto per un territorio articolato
come quello della provincia di Novara. La ridefinizione degli
assetti organizzativi dimpresa, dei caratteri insediativi delle
aziende industriali commerciali e di servizio e delle morfologie
della terziarizzazione, evidenzia dunque la necessità di una lettura
differenziata dei processi di sviluppo territoriale.
Il novarese è oggi unarea di grande interesse, nella quale si
sperimentano nuove morfologie territoriali dello sviluppo. Si
tratta di forme centrate sullarticolazione dei sistemi produttivi
locali e su un equilibrio, instabile ma evolutivamente ricco,
tra zone ancora segnate da una presenza rilevante della produzione
agricola, importanti nuclei di specializzazione manifatturiera
centrati sulla piccola e media impresa e un centro urbano propulsivo,
nel quale si stanno faticosamente ridisegnando i caratteri di
una economia dei servizi aperta alla regione e al contesto interregionale.
Territorio di sperimentazione di nuovi equilibri dal punto di
vista dei modelli di sviluppo locale, larea novarese ha visto
mutare negli ultimi due decenni anche la propria collocazione
nel sistema territoriale più ampio, rappresentato dal contesto
interregionale comprendente il Piemonte e la Lombardia occidentale. E’ oggi condivisa l’opinione secondo la quale l’area novarese e il relativo bacino, di dimensioni più ampie di quelle provinciali, dipendano innanzitutto da Milano, principale "attrattore" per l’economia novarese (cfr. capitolo 1.2., "Le gerarchie e le reti urbane"). I dati censuari del 1991 rielaborati dall’Ires Piemonte permettono di individuare a livello regionale due centri urbani di primo livello, Torino e Novara. Tuttavia, il novarese presenta tratti di crescente integrazione con il sistema territoriale rappresentato dal capoluogo lombardo, dal quale dipende in termini di rango, evidenziando dunque una progressiva centratura verso est che già emergeva dai dati censuari del 1981.
Ciò implica, come vedremo, che anche lorientamento degli assetti
del sistema produttivo della provincia di Novara si ridisegna
oggi in un nuovo rapporto con lintero sistema interregionale
e in particolar modo con il polo rappresentato dalla regione milanese.
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1.1.2. Le dinamiche di lungo periodo della popolazione: un'area
di crescita
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Un primo elemento che consente di collocare la provincia di Novara
in un contesto più ampio è rappresentato dalle dinamiche fondamentali
della popolazione. Se si considerano i soli dati di stock della
popolazione residente a partire dal 1971, si può osservare come
il contesto novarese sia di gran lunga il più dinamico a livello
regionale e si allinei alle province lombarde che presentano andamenti
più positivi (Varese e Como). Il confronto interprovinciale della
Tab. 1 nell'allegato statistico evidenzia come la provincia di
Novara presenti il maggior incremento (o il minor decremento)
di popolazione tra le province del Piemonte in tutti e tre i periodi
considerati (1971-81; 1981-91; 1991-96). In particolare, nel corso
degli anni 90 a fronte di un calo della popolazione in tutte
le altre province piemontesi considerate, la popolazione della
provincia di Novara cresce di circa 6.000 unità, con un aumento
dell1,77%. Soltanto la provincia di Como, tra quelle considerate
per il confronto, presenta una crescita più sostenuta.
Le ragioni di questa dinamicità dellarea novarese sono imputabili
a più fattori. Innanzitutto, la nuova provincia di Novara presenta
una struttura per classi detà relativamente spostata verso le
fasce giovani. Le elaborazioni dellIres Piemonte evidenziano
in particolare che la provincia di Novara, insieme a quella di
Cuneo, presenta tra il 1981 e il 1991 la minore riduzione della
popolazione al di sotto dei 14 anni. Anche le proiezioni demografiche
Ires al 2003 assegnano alla provincia di Novara dinamiche meno
accentuate di senilizzazione.
Inoltre, la provincia di Novara, insieme alle altre provincie
non metropolitane del Piemonte con lesclusione del Verbano-Cusio-Ossola,
presenta una dinamica positiva e attrattiva dei saldi migratori.
Questi dati vengono confermati e in parte accentuati quando si
consideri il comune capoluogo. Nel periodo 1991-96 la città di
Novara è lunica tra tutti i capoluoghi considerati a presentare
una crescita maggiore dell1% (+1,28%), mentre tutti gli altri
capoluoghi, con la sola eccezione di Alessandria (+0,36%) perdono
residenti.
Questo risultato molto positivo non solo per la provincia, ma
anche per il comune di Novara richiede una interpretazione multidimensionale,
che metta in relazione fattori strettamente demografici (a partire
dai flussi migratori e dai processi di invecchiamento) a fattori
economici (la crescita della città di Novara come polo di servizio
di livello regionale) e territoriali (legati tra laltro alle
dinamiche del mercato immobiliare e della rendita urbana). Se osserviamo poi le tavole che presentano le dinamiche della popolazione residente a livello comunale, possiamo riconoscere innanzitutto il progressivo "allacciarsi" dell’area novarese alle dinamiche del contesto metropolitano milanese. Nel 1996 quasi tutti i comuni dell’Ovest-Ticino, fino ai centri lacuali, presentano una popolazione superiore ai 5.000 abitanti (cfr. Tav. 1), saldandosi a nord all’area del Legnanese e del Bustocco, e a sud all’area metropolitana milanese. Molto meno abitate sono la zona collinare e prealpina a nord e quella meridionale della provincia, caratterizzate dalla presenza di comuni di taglia demografica più ridotta. Alcuni di questi, assimilabili ai comuni contigui del vercellese e del biellese a ovest, mostrano fenomeni demografici caratteristici delle aree collinari, mentre altri (localizzati nella pianura irrigua) evidenziano i caratteri demografici propri della tipologia dello sviluppo agrario monoculturale.
Le dinamiche demografiche di lungo periodo (presentate nella Tav.
2, che discrimina i comuni a seconda dei trend crescenti, decrescenti
o variabili della popolazione tra il 1971 e il 1996), evidenziano
una evoluzione dei centri della parte occidentale della provincia
di Novara per molti aspetti assimilabile ai comuni dellovest
milanese e della provincia di Varese. Diversamente da quanto accade
nelle zone agricole del vercellese, del pavese e dellalessandrino,
in provincia di Novara prevalgono con poche eccezioni i comuni
che presentano un trend costantemente crescente o almeno crescente
nellultimo periodo considerato (1991-96). In questi comuni si
è deter-minato un interessante equilibrio tra la presenza dellattività
risicola, fortemente specia-lizzata, con aziende dotate di un
solido assetto strutturale, e processi demografici e insediativi
di segno relativamente positivo.
Inoltre, significativamente, la presenza di comuni che presentano
una crescita della popolazione in ciascuno dei sottoperiodi considerati
non appare esclusivamente legata ai fenomeni di perdita di popolazione
del comune capoluogo a favore dei comuni limitrofi, come invece
sembra accadere per le aree metropolitane milanese e torinese.
Le Tav. 3-4 mostrano poi le dinamiche della popolazione negli
anni 80 e 90, evidenziando come nel periodo più recente (1991-96)
la maggioranza dei comuni della provincia di Novara presenti tassi
di crescita della popolazione positivi, sebbene inferiori al 10%,
in linea con quanto accade nei comuni dellovest e del nord-ovest
milanese e dellarea varesina, e diversamente da quanto accade
nelle altre province piemontesi.
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1.1.3. Il posizionamento competitivo: una economia dinamica e
aperta ai mercati
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Il carattere fortemente dinamico degli assetti socio-economici
della provincia di Novara, eviden-ziato dai dati demografici,
trova conferma nei principali indicatori strutturali e congiunturali
delleconomia novarese.
In un contesto regionale che ha presentato nel corso degli anni
90 andamenti congiunturali con-trastati, anche in relazione alle
dinamiche macroeconomiche nazionali, leconomia novarese ha presentato,
anche nella fase di più acuta difficoltà e di vero e proprio arresto
della crescita (intor-no al 1993), una buona tenuta, che nellultima
fase si è trasformata in una notevole dinamicità.
Se si considerano alcuni dati recenti di fonte camerale (costruiti
a partire dalle banche dati Cerved), che consentono alcune comparazioni
tra la provincia di Novara e le altre province piemontesi, è possibile
tracciare il profilo di un sistema produttivo che nel corso degli
anni 90 ha saputo reggere ai processi di riduzione, anche congiunturale,
delloccupazione manifatturiera, ancora consistente alla fine
degli anni 80 in unarea di più antica industrializzazione quale
quella novarese, e che nel corso degli ultimi anni ha presentato
dinamiche positive.
Alcuni dati, di fonti diverse e spurie, che riguardano i primi
anni 90 (i dati più recenti non presentano ancora un grado sufficiente
di stabilità e affidabilità) e che fanno ancora riferimento ai
confini della vecchia provincia (comprendente anche larea del
Verbano-Cusio-Ossola, in seguito autonoma), consentono comunque
di evidenziare diversi aspetti rilevanti delle performance competitive
delleconomia novarese.
Nel periodo 1990-94 la provincia di Novara ha presentato, secondo
i dati INPS, una contenuta riduzione degli occupati alle dipendenze
(-1,9% contro una media regionale di 6,4%), dovuta essenzialmente
a un calo degli occupati nellindustria manifatturiera comunque
inferiore a quello medio regionale. Altri dati riguardanti un analogo arco di tempo (1991-94), ma di fonte camerale e dunque non comparabili con i precedenti (cfr. Tab. 2-3 allegato statistico, relative al numero di unità locali e di addetti alle unità locali rilevate per province, per macrosettori e per classi dimensionali) evi-denziano ancora più nettamente la buona tenuta dell’eco-nomia novarese in una fase congiunturale negativa per l’intera regione e più in generale per il paese. Sebbene questi dati debbano es-sere interpretati con cautela, in ragione dei problemi di "traslazione statistica" e della impossi-bi-lità di valutare separatamente l’incidenza della nuova provincia del Verbano-Cusio-Ossola, le di-namiche degli addetti e delle unità locali sembrano evidenziare per i primi anni ’90 una notevole vivacità dell’economia novarese, quando confrontata a quella delle altre provincie piemontesi.
In particolare , tra il 1991 e il 1994 le unità locali crescono
in provincia di Novara più che in ogni altra provincia della regione
(+6,09%). Tale crescita è lesito del consistente aumento nel
settore dei servizi (+ 6,89 % ) e della sostanziale tenuta dellindustria
(-0,96%) (Tab. 2 allegato statistico). Inoltre, laumento di unità
locali è largamente imputabile alla crescita del numero di aziende
di piccole dimensioni (fino a 2 addetti), mentre è in regresso,
sia a livello regionale che a scala provinciale, il numero di
unità locali con più di 10 addetti, sia nel settore manifatturiero
che nei servizi.
Queste valutazioni vengono sostanzialmente confermate anche dai
dati relativi agli addetti (Tab. 3, allegato statistico), statisticamente
meno affidabili rispetto a quelli relativi alle unità locali.
Complessivamente, mentre a livello regionale si assiste a un calo
di addetti superiore al 7,6%, la provincia di Novara presenta
il calo più contenuto dellintera regione (-2,09% contro una riduzione
del 6,74%). Questo risultato è la composizione della più modesta
riduzione di addetti nel comparto manifatturiero tra tutte le
province (-6,94% contro un -14,03 regionale) e della migliore
performance nel settore terziario (+3,05%contro un -2,81 regionale).
A livello dimensionale, la provincia di Novara evidenzia inoltre
un progressivo spostamento degli addetti nelle classi dimensionali
più piccole, anche se la perdita di addetti nelle medie aziende
(tra 10 e 99 addetti) è la più ridotta dellintera regione.
Per quanto debbano essere valutati con estrema cautela, questi
dati sembrano confermare la sostanziale capacità delleconomia
novarese di reggere la sfida competitiva anche nelle fase di maggiore
difficoltà congiunturale, operando congiuntamente nella direzione
di una complessiva ristrutturazione degli assetti organizzativi
e dimensionali dimpresa.
Anche nel corso degli ultimi anni leconomia novarese ha manifestato
una buona tenuta. Il numero di imprese iscritte al Registro Ditte
della Camera di Commercio si è mantenuto relativamente stabile
intorno alle 25.000 unità nel corso del biennio 1996-97. Congiuntamente,
il numero di iscritti alle sezioni circoscrizionali per limpiego,
negli stessi due anni, ha evidenziato una leggera diminuzione.
Limmagine complessiva che emerge da questi dati, che pure devono
essere guardati con cautela in ragione dellesistenza di differenze
intraprovinciali spesso più significative di quelle interprovinciali
e alle quali dedicheremo attenzione nel successivo capitolo 1.2,
è quella di una economia in fase di trasformazione, con elementi
di debolezza dovuti alle difficoltà di una transizione che presenta
problemi inediti per le imprese e per il sistema economico nel
suo complesso, ma anche con evidenti capacità di crescita e di
adattamento strutturale e congiunturale.
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1.1.4. L'assetto strutturale: un sistema produttivo articolato
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Ulteriori considerazioni sul posizionamento delleconomia novarese
nel contesto territo-riale interregionale scelto come riferimento
possono essere fatte confrontando i dati cen-suari alle soglie
del 1981 e del 1991. Questi dati, diversamente da quelli utilizzati
per dar conto delle dinamiche congiunturali, permettono di mettere
a fuoco i caratteri del cam-biamento strutturale delleconomia
locale a un adeguato grado di disaggregazione, anche se hanno
il limite di fermarsi al 1991. Lutilizzo di questi dati permette
tuttavia di verificare alcune ipotesi di medio-lungo periodo a
una scala territoriale adeguata.
Se la Tav. 5 offre una immagine sintetica delle dimensioni dei
sistemi produttivi locali, evidenziando la presenza di comuni
con un significativo numero di addetti nellarea che salda la
città di Novara alla provincia di Milano e nel distretto industriale
di San Maurizo dOpaglio-Borgomanero, la Tav. 6 mostra invece
la presenza di elevati tassi di crescita del numero di addetti
totali nel periodo 1981-91 nellintera fascia dellOvest-Ticino
(laddove, per la zona del lago Maggiore, pesa significativamente
anche il settore turi-stico), in continuità con i sistemi produttivi
dellovest milanese e della parte occiden-tale della provincia
di Varese.
Perdono invece addetti (con tassi di decremento superiori al 5%)
molti comuni della fascia agricola meridionale della provincia,
integrati alle dinamiche del sistema produttivo della pianura
risicola del pavese e del vercellese, i comuni della Val Sesia
e alcuni comuni montani o collinari collocati tra i due laghi
(Maggiore e dOrta) e integrati alla parte meridionale della nuova
provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
Appare molto significativo che il comportamento del comune di
Novara si differenzi da quelli dei comuni metropolitani (Milano
e Torino), che presentano nel corso degli anni 80 una riduzione
di addetti assai più accentuata. Il dato può essere in parte motivato
osservando come il processo di terziarizzazione dellarea di Novara,
soprattutto per quanto attiene al settore commerciale e ai servizi
al sistema produttivo, sia ancora in parte incompiuto, offrendo
ulteriori opportunità di crescita occupazionale.
La provincia di Novara, nel corso degli anni 80, e poi ancora
negli anni 90, come dimostrato dai dati di altra fonte precedentemente
commentati (cfr. Tab. 2-3, allegato statistico), mantiene una
significativa specializzazione industriale. Come mostrano le Tav.
7-8, dell'allegato statistico, il tasso di industrializzazione
dei comuni dellarea novarese è allineato a quello delle aree
a più forte industrializzazione della Lombardia occidentale e
a quello presentato dai comuni dellarea metropolitana torinese.
Emergono inoltre nuclei di specializzazione manifatturiera nei
comuni a nord del capoluogo, nellarea di Gozzano e in quella
di San Maurizio dOpaglio.
Questi elementi vengono confermati anche dal confronto interprovinciale
degli addetti allindustria sul totale degli addetti (Tab. 4).
Nel 1991, con la sola esclusione del Biellese e delle province
lombarde di Como e Varese, la provincia di Novara presenta una
spiccata specializzazione manifatturiera. La metà degli addetti,
allinizio degli anni 90, è ancora occupata in imprese industriali,
mentre la percentuale del comune capoluogo è allineata a quella
di Torino e degli altri capoluoghi piemontesi, ma significativamente
inferiore al dato di Milano.
La ancora forte presenza manifatturiera consente di definire la
provincia di Novara come unarea caratterizzata non da processi
di drastica deindustrializzazione, ma piuttosto da fenomeni di
ridefinizione delle morfologie dimpresa e dei caratteri della
dimensione territoriale della produzione di beni. Il novarese
si caratterizza anche per la peculiarità dei processi di terziarizzazione
che lo hanno investito nel corso degli anni 80. La quota di addetti
al terziario sul totale degli addetti è cresciuta tra il 1981
e il 1991 dal 43,5% al 50,2%, rimanendo tuttavia inferiore alle
medie regionali del Piemonte e della Lombardia (in entrambi i
casi tra il 53% e il 54%), sia ai dati delle altre province di
riferimento, con leccezione di Biella, Como e Varese (cfr. Tab.
5). La distribuzione territoriale dei processi di terziarizzazione
non è omogenea a livello provinciale (cfr. Tav. 9-10). Nel corso
degli anni 80 è infatti significativamente cresciuto il numero
di comuni con una quota di addetti al terziario superiore al 60%,
sia intorno al comune di Novara, sia nella fascia dei comuni del
Lago Maggiore. I caratteri della terziarizzazione dell’economia novarese, quando comparati a quelli caratterizzanti il contesto territoriale interregionale, appaiono di un certo interesse. In primo luogo, la quota di addetti nei settori classificabili come "servizi al sistema produttivo" (servizi di trasporti, credito e assicurazioni, rispetto al quale il dato è però distorto dalla presenza di un elevato numero di addetti nella sola Banca Popolare di Novara, ricerca, attività professionali e altri servizi alle imprese) presenta nel 1991 (cfr. Tab. 6) un livello (13,7%) inferiore a quello delle sole province di Milano, Torino e Alessandria, ma significativamente superiore a quello delle altre province nelle quali è più forte la presenza di addetti nell’industria (Como, Varese e Biella).
Questo dato sembra confermare la presenza di un tessuto produttivo
che, pur con forti differenze territoriali, delle quali daremo
conto più oltre, si presenta attrezzato alle sfide competitive.
La struttura delleconomia della provincia di Novara, nel corso
degli anni 80, sembra caratterizzarsi per laffermazione di un
profilo che, pur mantenendo un tessuto industriale diversificato,
ha saputo rafforzare, nel quadro di un processo generale di terziarizzazione,
la presenza di servizi avanzati al sistema produttivo.
Da questo punto di vista, le Tav. 11-12 permettono di riconoscere
nellarea novarese un profilo intermedio tra quello caratterizzante
i nuclei metropolitani di Milano e Torino e quello proprio di
altre aree a forte presenza industriale, nelle quali i principali
elementi di debolezza risiedono proprio nella fragilità del tessuto
territoriale di servizi alle imprese.
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